Tumore al seno: la testimonianza di nove lottatrici che l'hanno sconfitto
Ogni anno, solo in Italia, a più di 48mila donne viene diagnosticato il cancro al seno. Malattia che colpisce anche gli uomini ma, essendo una percentuale molto bassa (1%) si afferma che questa tipologia di tumore è più ricorrente nelle donne.
Una volta confermato il tumore al seno la chirurgia è, insieme alle sessioni di radioterapia, terapia ormonale o la chemioterapia, il trattamento più comune per il cancro.
L'estirpazione del tumore è un duro colpo per l'emotività di una donna in quanto, oltre alla difficoltà della diagnosi, deve lottare quotidianamente con le conseguenze fisiche e psicologiche in quanto, nella maggior parte dei casi, l'a rimozione del cancro include anche quella del seno.
Fany ha passato due anni molto difficili a causa del tumore al seno «il trattamento fu duro», la chemioterapia molto violenta per il suo organismo «pensai che mai sarei riuscita ad uscirne» scrive. Alla fine perse il seno. Quando riuscì a recuperarsi affrontò la ricostruzione del seno. «Io l'unica cosa che volevo era un medico professionista, specializzato e certificato, non volevo mettermi nelle mani di una persona qualsiasi.» Il recupero fu abbastanza duro, sempre lo è. Ora, ha la forza per affrontare tutto, con molta voglia di continuare a vivere e "mangiarsi" il mondo.
Il coraggio di queste lottatrici contrasta con lo sconforto della malattia e delle sue conseguenze fisiche in quanto, non sempre, c'è la possibilità di effettuare la ricostruzione del seno in un periodo di tempo breve.
È il caso di Carolina che dopo la mastectomia ed un ciclo di circa 12 sessioni di chemioterapia è ancora in attesa dei effettuare la ricostruzione. È «convinta che il trattamento contro il cancro al seno dovrebbe terminare con la ricostruzione», ricostruzione che, «va al di là dell'estetica, è importante perché serve per recuperare l'autostima; il peso ed il volume che si perde è la parte femminile della donna», dice.
Il suo caso si complica ancora di più in quanto risiede in Messico dove «la lista d'attesa per questo tipo di programma è lunghissima» Nonostante ciò, non smette nell'impegnarsi per cercare «un opzione alternativa». Il suo desiderio è, infatti, il seguente: «Voglio recuperare quello che il cancro mi ha levato. Sì, è vero sono viva... ma non sono completa.»
In molte occasioni la situazione economica e politica del paese influisce su questi enormi ritardi burocratici. Aline sta aspettando da 5 anni la ricostruzione, «nell'ospedale assegnatomi non ho potuto farlo per motivi legati alla crisi». Operata al seno per l'esportazione del tumore ritiene molto doloroso immaginarsi ogni volta che entra in un negozio di vestiti per comprare qualcosa; «Ogni volta che compro un vestito devo considerare prima come mi starà addosso, sono molto triste per questo, ho bisogno della chirurgia per ritornare a vivere meglio, perché non sarò mai la stessa».
Per questo è importantissimo considerare la coscienza sociale rispetto alla malattia. Solidarietà ed informazione dovrebbero andare a braccetto nella società moderna e aiuterebbe molte donne affette dalla malattia a recuperare la loro autostima.
Ana María afferma che «è molto difficile vivere in una società dove si valuta più la forma che la dimensione del seno senza pensare a quello che c'è dietro». Nel suo caso la ricostruzione riuscì ad ottenerla qualche mese dopo la mastectomia, che fu totale. Lei ricorda il momento come «una tappa di incertezza, per non sapere come sarebbe andata a finire, e di grande ansia». in più «la cosa più difficile del post operatorio fu il drenaggio delle ferite, in aggiunta ai dolori che ancora mi accompagnano in alcune occasioni» racconta. Ora ci dice di essere contenta del suo aspetto e, soprattutto, della sua vita.
Yessy sè ancora in attesa della ricostruzione. Durante l'anno le hanno praticato una mastectomia radicale, vide come la malattia si riproduceva, e dovette sottoporsi alla rimozione sia del seno ache delle ovaie. Tra le difficili sessioni di chemioterapia che la portarono a consumarsi fisicamente e psicologicamente, è riuscita comunque a recuperare la sua autostima e la voglia di continuare a vivere: «Non m'importa che me lo levino (il seno) solo voglio continuare a vivere per le mie figlie: una di 15 anni e l'altra di 7, entrambe sono state la mia forza e non mi hanno fatto perdere la fede». E aggiunge; «Oggi vedo il mio corpo davanti allo specchio e dico: "Come hai superato questo?". Perché, come evidenzia, sono molte quelle che si perdono nel cammino, e l'allegria di aver superato il cancro al seno si somma alla straordinaria notizia che, finalmente, potrà affrontare la ricostruzione del seno.
La ricostruzione è la miglior maniera per compensare i danni emotivi che ti porta la mastectomia. Per questo Carine la considera «necessaria e positiva» per la stima della donne che hanno affrontato la malattia, anche se il processo è stato, nel suo caso, «lungo e costoso». Lucia si è sottoposta ad una ricostruzione mammaria immediata, o meglio, realizzata nello stesso intervento di mastectomia totale. Una volta eliminato il tumore e il seno. Per lei, la ricostruzione è il miglior metodo per «recuperare la femminilità dopo un processo così doloroso e traumatico.»Anche se, nel suo caso, dovette ripetre la riscostruzione l'anno dopo perché «non ero soddisfatta».
Per Jmsvarusha, soffrire di cancro al seno la motivò ad operarsi. «Mi fecero la mastectomia con ricostruzione immediata tramite la tecnica dell'espansione tissutale ad un seno e una tumeroctomia all'altro.» «Non sentì dolore in nessun momento solo molta oppressione. Dopo realizzarono una liposuzione per infiltrare (grasso) nel seno e proteggere la protesi.» Per Jmsvarusha la cosa più difficile fu «metabolizzare la malattia». Oltre a questo devo dare credito al lavoro dei chirurghi che fecero il possibile che si recuperasse totalmente dalla malattia.
Il lavoro degli oncologi e dei chirurghi durante tutto il processo è fondamentale. Questi professionisti realizzano sempre un lavoro esemplare, valorizzando la miglior forma di intervenire sul tumore in funzione della paziente, in alcuni casi, tramite la chirurgia conservatrice, che permette di estirpare il tumore ed il tessuto che lo circonda mantenendo il seno. È infatti possibile optare per un'altrenativa alla mastectomia tenendo conto di dove si trova il tumore, delle dimensioni dello stesso e delle dimensioni del seno della paziente.
Tutte le donne che hanno affrontato la malattia elogiano il lavoro dei chirurghi. Laura ci tiene a sottolineare il trattamento squisito che ricevette, così come la pazienza e l'affetto dimostrato da questi specialisti che, diariamente, devono affrontare un trattamento a causa di questa malattia. La stessa Laura ci racconta l'enorme lavoro che fanno questi professionisti: «Dal momento che arrivó il chirurgo plastico che mi avrebbe operato, mi sentì così tranquilla mi trasmise la tranquillità che necessitavo e comprese a pieno quello che sentivo e che volevo». Un lavoro che va al di là della relazione strettamente lavorativa e che è importante per il valore umano.
E non solo è importante il sostegno e l'affetto dei chirurghi e degli oncologi, anche l'appoggio emotivo è ugualmente speciale. Molte di loro hanno ricevuto un'attenzione individuale da terapeuti specializzati in psicoterapia oncologica, professionisti che assistono la paziente e la sua famiglia durante questi momenti così complessi. Proprio Laura sottolinea che la rimozione del seno «non mi ha fatto (sentire) meno donna però, psicologicamente, ti segna perché vederti tutti i giorni le cicatrici della mastectomia, mi ricordava la brutta esperienza passata". È esattamente durante questo periodo che lo shock emotivo si fa più forte, quando già hai superato la malattia ma si vedono ancora le lesioni; lesioni che evidenziano una battaglia vinta, ma che non smettono di essere parte di un'esperienza traumatica.
I chirurghi, insieme ai professionisti che durante il processo assistono le donne che sono affette di cancro al seno, permettono di dare forza emotiva alle donne, aumentando la loro autostima, recuperando la loro femminilità perché ritornano a sentirsi nuovamente complete contribuendo a farle sentire più sicure.
Sicuramente, diagnosticare il tumore precocemente è il miglior modo per riuscire a superarlo in modo meno invasivo, nonostante l'indice di mortalità si sia ridotto in modo significativo, solo il 24% delle pazienti che hanno scoperto il tumore alla III fase sopravvivono alla malattia. Da qui risulta semplice e importantissimo rendere cosciente la poplazione sulla necessità di effettuare controlli di routine, tra i quali quello dell'autopalpazione, fondamentale per la scoperta precoce di questo specifico tumore.