La transessualità non è un disturbo mentale, anche per l'OMS

La transessualità non è un disturbo mentale, anche per l'OMS
Ilaria Lorio
Dopo gli studi in Giornalismo Digitale mi sono specializzata nella redazione di articoli su salute e medicina, dal 2014 scrivo su moda, bellezza e chirurgia plastica.
Creazione: 19 giu 2019 · Aggiornamento: 16 lug 2019
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Il mese di giugno è quasi finito e non solo è stato il mese del Pride ma ha portato con sé anche qualche buona notizia per la comunità LGBTQI+ internazionale: la transessualità è stata rimossa dalla lista delle malattie mentali dall’OMS.

Sì, avete letto bene, la disforia o incongruenza di genere fino a poche settimane fa risultava ancora all’interno della categoria dei disturbi mentali. Ora, però, è stato (finalmente) riconosciuto ufficialmente che non è più possibile considerare la transessualità o come una patologia e per questo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha aggiornato la classificazione della disforia di genere.

Transgender e Classificazione ICD

ICD è la sigla che indica l’International Classification of Diseases (Classificazione Internazionale delle Patologie) stilata, appunto, dall’OMS. Al suo interno vengono categorizzate tutte le diverse malattie e disturbi conosciuti, dalle patologie infettive fino a quelle psichiatriche. Proprio tra queste ultime, fino a poco tempo fa, rientrava anche la disforia di genere, che adesso è stata spostata tra le condizioni di salute sessuale.

Cosa cambia dal punto di vista sanitario?

Dal punto di vista dell’assistenza sanitaria in Italia non dovrebbero esserci cambiamenti. Infatti, quello che ha fatto l’OMS è stato spostare l’incongruenza di genere al capitolo delle condizioni di salute sessuale, proprio con lo scopo di continuare a garantire la dovuta assistenza sanitaria a tutte quelle persone che hanno la necessità di accedere ai servizi medici di riassegnazione sessuale e a chi attualmente sta attraversando la fase di transizione.

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Trieste, Trieste
Dr. Roberto Loche
Cagliari, Cagliari

Transessualità e salute

I percorsi di riassegnazione sessuale e di transizione sono processi molto delicati, che necessitano di interventi chirurgici molto complessi e di una terapia ormonale indispensabile per mantenere un buono stato di salute. Negli ultimi mesi in Italia, per esempio, si è verificata una consistente carenza di farmaci a base di testosterone e non sempre è chiaro quando la rimborsabilità di questi farmaci può essere coperta dagli enti nazionali.

Se si pensa anche solo a queste due problematiche, diventa più chiaro, perché l’OMS ha rimarcato la necessità di mantenere la transessualità tra le condizioni di salute sessuale, così che le garanzie di assistenza terapeutica non vengano ridimensionate, ma possano anzi essere implementate in futuro, migliorando l’accesso alle cure e riducendo la disapprovazione sociale.

Sempre a questo proposito, la SICPRE (Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica) ha elaborato una sorta di guida, pensata per facilitare l’individuazione dei trattamenti medici che possono essere utili per la riassegnazione dei caratteri sessuali e dei centri italiani dove è possibile svolgere questi interventi.

🌈 Quali sono le terapie chirurgiche e non chirurgiche? A quale specialista rivolgersi? Trova qui le risposte a queste e altre domande sull’intervento di riassegnazione sessuale.

La transessualità nel linguaggio medico

Un articolo pubblicato sull’International Journal of Transgenderism sottolinea l’importanza del linguaggio utilizzato quando si parla di temi legati alla transessualità. Questo argomento è stato da sempre uno dei cardini principali per la rivendicazione dei diritti umani e civili di tutte le persone appartenenti alla comunità LGBTQI+.

L’articolo sottolineava - già prima di questa decisione dell’OMS - l'importanza della depatologizzazione della transessualità, promuovendo un uso del linguaggio medico che aiuti a ridefinire i termini con cui si percepisce la transessualità, costruendo un contesto che sia inclusivo e  rispettoso e che soprattutto elimini i riferimenti patologizzanti che ostacolano la comprensione e favoriscono, piuttosto, la marginalizzazione.

Il linguaggio con cui ci esprimiamo, infatti, lascia un’impronta profonda non solo nel pensiero, ma anche nella società stessa, e per questo rappresenta un punto di partenza fondamentale per aiutare a costruire uno spazio libero da pregiudizi e disapprovazione, dove ogni persona sia libera di vivere e gestire il proprio corpo senza essere escluso per questo.

Lotta alla stigmatizzazione sociale

Con questa decisione storica l’OMS riconosce che si è arrivati alla comprensione che la transessualità non è un problema mentale. Infatti, l’obiettivo che l’OMS mira a raggiungere attraverso la sua azione è quello di poter dare supporto all’inclusione sociale e al superamento del pregiudizio a cui troppo spesso le persone transessuali devono far fronte durante la loro vita.

Il depennamento della disforia di genere dai disturbi mentali rappresenta, tuttavia, solo un piccolo mattoncino, e ci ricorda che c’è ancora molto lavoro da fare.

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Referenze bibliografiche:

http://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2018/06/19/oms-toglie-transessualita-da-lista-malattie-mentali_3c967c6d-a5f4-462e-97ea-affd23b053ab.html

https://www.arcigay.it/comunicati/salute-farmaci-per-trans-introvabili-arcigay-sistema-sanitario-inadeguato-cosi-si-lede-il-diritto-alla-salute/?fbclid=IwAR269fL8ul83uCQ6J4SdkrdXVhGz35egmh_0mb_7pT6PduzeA5v3sUuLrDg#.XQo03Ygzbcu

https://www.sicpre.it/capitolo-della-riassegnazione-dei-caratteri-sessuali/

https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/15532739.2016.1262127

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