Come si fanno le protesi mammarie?
Quando si cercano informazioni sulla mastoplastica additiva ci si chiede se sia un intervento sicuro, come si fa, quali sono i rischi e le complicazioni e soprattutto quali saranno i risultati. Ma tra tutte queste domande, vi siete mai chieste come si fanno le protesi per il seno?
Si parla spesso di come si esegue una mastoplastica additiva dal punto di vista chirurgico, ma non altrettanto spesso si spiega quali sono i passaggi precedenti all’intervento, ovvero come si costruiscono le protesi e come sono fatte. Vediamo, quindi, come funziona il processo di fabbricazione e quali materiali vengono utilizzati.
Un po’ di storia
Le prime protesi mammarie sono state introdotte nel 1962 e nel corso di quasi 60 anni sono stati testati materiali d’ogni tipo prima di arrivare alla loro composizione attuale. La struttura di base è rimasta più o meno la stessa: un involucro con un materiale di riempimento all’interno.
Fin dagli inizi il materiale più utilizzato per questo involucro è stato l’elastomero di silicone. Nel 1968 venne introdotto dalla Surgitek un rivestimento in poliuretano che si dimostrò utile per ridurre l’insorgenza della contrattura capsulare, e che viene tuttora impiegato nelle protesi prodotte dalla Polytech. Undici anni più tardi, nel 1979, le aziende McGhan e Heyer-Schulte introdussero, invece, le prime protesi con una barriera al fluorosilicone per renderle più resistenti, un sistema che in futuro verrà adottato da tutte le maggiori case produttrici di protesi per il seno.
Come si fabbricano le protesi mammarie
Il processo di fabbricazione delle protesi mammarie è un procedimento molto più manuale e complesso di quello che possiamo immaginare, infatti, una buona parte della fabbricazione è realizzata a mano da un personale altamente preparato e qualificato.
Le protesi mammarie - come tutti i dispositivi ad uso medico - devono essere realizzate in un ambiente pulito e asettico che deve rispettare la regolamentazione dettata dalle norme ISO 14644 e ISO 14698. Questo ambiente è chiamato Camera Bianca e qui si controlla ogni cosa: dalla concentrazione di particelle aerotrasportate, alla temperatura e umidità fino alla pressione.
Per creare le protesi si utilizzano dei modelli in metallo o plastica disponibili in varie forme e misure, sui quali viene depositato il polimero. Con i modelli in metallo l’estrazione è più semplice per via della superficie stessa, ma sono più pesanti e complicati da usare. Dall’altro lato i modelli in plastica sono più economici, ma producono più scarti e rendono l’estrazione più complicata.
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L’involucro che contiene il gel in silicone viene prodotto seguendo una tecnica chiamata Dip Coating che avviene in 5 passaggi: immersione, estrazione, deposizione, drenaggio, evaporazione. Lo spessore dell’involucro esterno, in genere, è di 0,8 mm e ha una struttura multistratificata che garantisce l’adeguato spessore e protezione.
Nel caso delle protesi testurizzate, la superficie viene trattata in modo da ottenere il suo classico effetto rugoso attraverso procedure di stampaggio o laser, oppure attraverso l’inglobamento di materiali inorganici, come per esempio cristalli di salgemma o granuli di zucchero che formano delle piccole cavità sulla superficie per renderla porosa.
Una volta realizzato l’involucro si può inserire il gel di silicone tramite un foro, ma il silicone contenuto nelle protesi viene generalmente acquistato da compagnie specializzate, tant’è che marche diverse di protesi possono contenere lo stesso silicone. Il foro viene poi sigillato a caldo con dei tappi su cui si trovano le targhe di identificazione delle protesi.
Una delle fasi più delicate è quella del lavaggio e della decontaminazione delle protesi, essenziale per garantirne l’atossicità. I lavaggi possono essere eseguiti con acqua oppure con solventi, che vengono poi rimossi attraverso un processo di riscaldamento a 30°C per alcune ore.
Per la sterilizzazione delle protesi si usa l’ossido di etilene, una sostanza che garantisce di preservare la sterilità del prodotto anche per molti anni. Ogni protesi viene, quindi, imballata singolarmente con polietilene trasparente termosaldato ed etichettata.
L’etichetta, riportata anche sulla scatola di cartone, deve contenere tutti i dati identificativi che permettano di rintracciare l’origine del prodotto: nome e indirizzo del produttore, tipo di protesi, scadenza, metodo di sterilizzazione, numero di serie e di lotto.
Quali materiali si utilizzano
I parametri che regolano la selezione dei materiali utilizzati devono tenere conto di tutti i possibili effetti che potrebbero derivare dal loro uso (tossicità, infiammabilità, impermeabilità fattori allergenici o carcinogeni). Il silicone impiegato per le protesi mammarie deve essere di altissima purezza, mentre il gel che si trova all’interno deve resistere a una pressione di 50 kg per centimetro quadrato, in modo da ridurre al minimo il rischio di rottura.
Nonostante le tante sperimentazioni condotte nei decenni, il materiale più diffuso per l’involucro delle protesi è rimasto comunque l’elastomero di silicone. Il materiale, interno, presenta invece una maggiore varietà. I modelli più diffusi contengono gel in silicone, un materiale coesivo ma comunque morbido al tatto, che dà quindi un risultato più naturale.
Un'alternativa può essere rappresentata dalle protesi in soluzione salina o fisiologica, un materiale quindi liquido, ma biocompatibile, che in caso di rottura può essere riassorbito dall’organismo.
Altri materiali utilizzati per riempire le protesi sono il PVP (polivinilpirrolidone, un polimero ampiamente utilizzato in medicina e farmacologia) e l’idrogel, un polimero organico la cui composizione può variare a seconda dei fabbricanti. Sia il PVP che l’idrogel presentano una consistenza paragonabile a quella del gel in silicone.
Tipologie di protesi mammarie
In altri articoli abbiamo visto che le protesi possono essere rotonde o anatomiche, ma questo non è il loro unico criterio di suddivisione. Infatti, le protesi mammarie si possono dividere anche in 4 tipologie che si differenziano a seconda delle loro caratteristiche funzionali:
- PDP (Protesi definitive preriempite): realizzate in gel di silicone o soluzione salina, frequentemente utilizzate per la mastoplastica additiva o per la ricostruzione mammaria.
- PDG (Protesi definitiva gonfiabile): possono essere suddivise in due gruppi, esistono infatti sia protesi che vengono riempite e poi messe in sede oppure protesi che possono essere riempite al momento dell’operazione.
- Camera singola: si tratta di protesi con soluzione salina che vengono gonfiate durante l’intervento e possono essere regolate anche nei mesi successivi all’operazione.
- Camera doppia: il nome è dovuto al fatto che queste protesi sono formate da un involucro interno (che viene riempito con soluzione fisiologica) e uno esterno (che contiene già al suo interno il gel in silicone).
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