Mammelle tuberose: risultati, protesi e cicatrici
La mammella tuberosa è una vera e propria malformazione che riguarda la ghiandola mammaria.
Normalmente, con lo sviluppo puberale, l’abbozzo della ghiandola cresce in tutte le direzioni, cioè in avanti e verso l’alto, in basso, a destra e a sinistra, così una mammella “ideale” alla fine dello sviluppo, quindi verso i 13-14 anni, assume la forma a “emisfera”, con l’areola perfettamente al centro. Talora, invece che ampliarsi in maniera omogenea, l’abbozzo ghiandolare è, per così dire, “costretto” a svilupparsi prevalentemente verso l’avanti, ed alla fine assume una forma che ricorda quella di un tubero, cioè di una patata allungata; si chiamano anche mammelle tubulari, termine che rende benissimo l’idea della forma a tubo lungo e stretto.
Chiarito questo aspetto e ricordando che esistono vari gradi di tuberosità, va anche specificato che le mammelle tuberose spesso sono anche ptosiche, cioè appoggiano sul torace, molto distanti tra loro, e con areole molto grandi.
La terapia chirurgica di questa malformazione dovrà necessariamente essere finalizzata al ripristino di una anatomia il più possibile normale, vale a dire che bisogna applicare delle procedure che trasformino la ghiandola, rendendola il più rotonda ed ampia possibile.
Il solo e semplice inserimento di una protesi mammaria non è mai sufficiente, infatti sono molto frequenti i casi in cui pazienti affette da mammelle tuberose, ma operate di semplice mastoplastica additiva, magari con posizionamento retroghiandola, sono insoddisfatte del risultato, perché continuano a presentare molti dei difetti estetici tipici delle tuberose, come areole ampie, mammelle separate, dimensioni scarse.
Comparazione prima e dopo l'intervento in una paziente del Dott. Biagi
Cosa va fatto allora per cambiare la forma di una mammella e aumentarne adeguatamente il volume?
Tre sono le regole fondamentali, cui si aggiunge un quarto aspetto che dipende dalle aspettative della paziente; in ordine:
- Espansione ghiandolare con o senza lipofilling
- Posizionamento delle protesi in sede retropettorale - tecnica dual plane
- Mastopessi round block
- Protesi preferibilmente ergonomiche o anatomiche
Espandere la ghiandola mammaria significa ampliarla verso il basso e verso l’interno e l’esterno. In parole povere, è come quando si spreme un arancia dopo averla tagliata a metà, la larghezza dell’arancia spremuta è maggiore. Chirurgicamente ciò si esegue incidendo la superficie posteriore della ghiandola mammaria ed aprendola “a petali”, i quali vengono stirati e fissati in basso al nuovo solco sottomammario mediante delle particolari suture, le quali talora, nei casi di grave tuberosità, vengono a trapassare la pelle e sono fissati, come se fossero dei tiranti di una tenda, a dei cilindretti di cotone, che verranno rimossi dopo 3 settimane circa.
Il lipofilling, cioè il prelievo di grasso da alcune zone donatrici, come l’ascella, l’addome o le cosce, ed il suo trasferimento mediante iniezione sottocutanea sulla mammella, può essere uno strumento aggiuntivo molto utile per aumentare ulteriormente il volume del polo mammario inferiore o per rifinire il lavoro sul lato interno delle mammelle.
Fondamentale è collocare le protesi mammarie in profondità. Devono essere il più possibile “coperte”, proprio perché lo spessore della ghiandola è scarso. Ci aiuta tantissimo il muscolo grande pettorale, che andrà a rivestire gli impianti per la maggior parte della loro superficie, mediante la tecnica dual plane. Lo scollamento del muscolo potrà, in misura variabile da persona a persona, causare dolore o fastidio nel post operatorio, ma si tratta di un “prezzo da pagare”, peraltro minimo se si assumono i consueti farmaci antidolorifici e se si rispetta la regola del riposo, necessario per poi festeggiare un buon risultato.
Una paziente del Dott. Biagi prima dell'intervento chirurgico.
La stessa paziente dopo l'intervento di correzione del seno tuberoso.
Quasi sempre le mammelle tuberose sono scese in basso e pertanto vanno anche sollevate. Sempre le areole, sono troppo ampie, per cui vanno ridotte di diametro e rese “meno a punta”. La mastopessi a cicatrice periareolare-tecnica round block, permette proprio di raggiungere questi risultati. La cicatrice cutanea sarà circolare e coinciderà col nuovo e più piccolo bordo delle areole, che verranno, se necessario, un po’ appiattite. Salvo in casi di ptosi grave o gravissima, peraltro molto rari nelle tuberose, è da sconsigliare l’esecuzione di tecniche di mastopessi con cicatrice verticale o a “T”, poiché queste stringerebbero eccessivamente il polo mammario inferiore.
Per quanto riguarda le protesi, dobbiamo scegliere quelle che ci agevolano nell’obiettivo di dare maggior spessore al polo mammario inferiore. Un tempo venivano utilizzate sempre o quasi le anatomiche, che difatti sono a morfologia “a goccia”, cioè più piene nella parte bassa. Oltre a queste, che purtroppo sono a rischio rotazione, abbiamo oggi la possibilità di utilizzare le protesi ergonomiche, le quali, pur avendo base tonda, diventano “anatomiche” quando la paziente è in posizione eretta e soprattutto, quando sono collocate dietro il muscolo pettorale. È ormai dimostrata la loro capacità dì ampliare il polo mammario inferiore. Le protesi rotonde vengono utilizzate più raramente, perché non riempiono molto il polo inferiore, e soprattutto in quelle pazienti che desiderano un risultato più pieno nella parte alta del seno.
Dott. Biagi Cristiano