Wearable Technology e dispositivi indossabili per la salute
Nei suoi libri Isaac Asimov aveva già immaginato un futuro popolato da robot ed elettrodomestici intelligenti e oggi possiamo dire che, in fondo, il mondo in cui ci troviamo adesso sembra sempre più simile a come gli scrittori di fantascienza lo avevano descritto già più di cinquant’anni fa.
Quanti di voi hanno usato uno smartwatch per misurare la qualità del sonno, il numero di passi fatti durante la giornata e le calorie bruciate? Oppure quante di voi hanno scaricato un app per monitorare il ciclo mestruale o ricevere consigli su come adottare abitudini quotidiane più sane? Probabilmente almeno una volta tutti noi saremo ricorsi a uno di questi strumenti digitali pensati per aiutarci a vivere meglio e più sani. Questi, però, sono solo esempi di alcuni degli strumenti più semplici e più comuni della cosiddetta Wearable Technology, o tecnologia da indossare.
I “wearables” sono dispositivi digitali che possono essere indossati, come gli smartwatch o i Google Glass, degli occhiali che permettono di ricevere informazioni e gestire semplici azioni con i comandi vocali senza usare le mani. Questa categoria di dispositivi appartiene al cosiddetto Internet of Things (Internet delle cose) e ci mostra come al giorno d’oggi la possibilità di essere ancora più interconnessi e di ricevere informazioni in tempo reale possa essere sfruttata per semplificare e velocizzare azioni che finora possono ancora essere piuttosto complicate.
I wearables per la salute
Un settore che ha conosciuto una fortissima crescita negli ultimi anni è quello dell'Ingegneria Biomedica o Bioingegneria, la disciplina che si occupa di integrare le tecnologie elettroniche, meccaniche e informatiche all’interno delle scienze della salute. La crescita di questo campo di ricerca ha portato alla creazione di dispositivi biomedicali sempre più sofisticati e dal sapore talmente sperimentale che a volte possono sembrare quasi fantascientifici: braccialetti che aiutano a calmare il tremore delle braccia e delle mani (Emma Watch della Microsoft Research Innovation) o a monitorare i livelli glicemici (K’Watch TM Glucose) orologi che possono monitorare le convulsioni di chi è affetto da epilessia e contatta un familiare per il soccorso (Embrace, smartwatch sviluppato dall’italiano Matteo Lai).
Anche il mondo della Moda non si è dimostrato indifferente alle possibilità che i dispositivi elettronici indossabili possono avere per promuovere la salute e il benessere delle persone. In particolare, la fashion designer olandese Pauline van Dongen ha iniziato a sperimentare l’uso di questi indumenti già nel 2014, quando lanciò la Solar Shirt, una maglietta che al suo interno conteneva 120 piccole celle a energia solare che permettevano di ricaricare un cellulare o qualsiasi altro piccolo dispositivo USB. La designer olandese ha continuato a sperimentare con l’integrazione di elementi elettronici all’interno delle fibre dei suoi abiti, arrivando a produrre nel 2106 il top FysioPal, un indumento in grado di comunicare attraverso un'app quando si assume una posizione scorretta del torace, aiutando a migliorare la postura nel corso della giornata grazie ai dati raccolti.
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Palpreast e i dispositivi per la diagnosi del tumore al seno
Ma cosa succederebbe se questi dispositivi elettronici indossabili potessero servire per diagnosticare precocemente anche malattie terribili come il tumore del seno e magari salvare delle vite? È proprio questa la domanda che si deve essere posta una giovane ricercatrice italiana, Lucia Arcarisi, quando ha iniziato a sviluppare un top che permette di individuare la presenza di anomalie nel seno.
Lucia Arcarisi è laureata in Ingegneria Biomedica all’Università di Pisa e partecipa come ricercatrice all’interno di un progetto chiamato UBORA (“eccellenza” in Swahili) che unisce centri di ricerca europei e africani con il fine di creare una piattaforma digitale dove poter condividere i dispositivi medici da loro progettati. Il progetto UBORA, avviato nel 2017 e coordinato dal Centro Enrico Piaggio dell’Università di Pisa, coinvolge oggi più di 300 ricercatori e ha l’obiettivo di sviluppare un'infrastruttura virtuale che consenta di collaborare nella progettazione di dispositivi medici open source, in modo che chiunque nel mondo possa realizzarli, utilizzarli e migliorarli, correggendo gli errori che ci possono essere durante lo sviluppo.
Il prototipo ideato da Lucia Arcarisi e da un team di ricercatori del Centro Enrico Piaggio si chiama Palpreast ed è un dispositivo che simula l’autopalpazione del seno e che individua la presenza di noduli nel seno.
Come evidenziato dai dati raccolti dall’AIRC, il tumore al seno colpisce in Italia 1 donna su 8, rappresenta la prima causa di mortalità dovuta al cancro per le donne e include il 29% dei tumori che interessano il sesso femminile. Come sottolinea la stessa Arcarisi, ma anche la maggioranza degli specialisti, l’autopalpazione è una pratica di fondamentale importanza per la diagnosi precoce del tumore del seno, però non sempre viene effettuata da tutte le donne con la dovuta frequenza. Da qui nasce la necessità di poter ricorrere a strumenti come Palpreast per promuovere e facilitare proprio l’autopalpazione del seno e contribuire alle pratiche di prevenzione.
Questo dispositivo funziona attraverso un sistema di gonfiaggio che simula il movimento della mano durante l’autopalpazione. Il materiale di cui è comporto è un tessuto sensorizzato che registra la presenza di un tessuto mammario più rigido nel seno. Le informazioni raccolte dai sensori del top vengono quindi elaborate e poi inviate alla paziente attraverso un interfaccia grafica, dove si può vedere evidenziata in rosso la zona in cui il dispositivo ha rilevato la presenza di un tessuto più duro. In questo modo la paziente può essere informata del potenziale pericolo e può quindi richiedere una visita specialistica per indagare più a fondo.
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Wearable Technology e il futuro della Medicina
Il numero di dispositivi simili a Palpreast è destinato a crescere in futuro, tant’è che anche dall’altra parte dell’oceano si continuano a sviluppare nuovi progetti, come per esempio il reggiseno EVA, creato dal diciassettenne messicano Julián Ríos Cantú, vincitore del Global Student Entrepreneur Awards della Saint Louis University.
Questi dispositivi, tuttavia, non vengono realizzati con lo scopo di sostituirsi al medico, ma sono pensati per aggiungere nuove possibilità per raccogliere in modo più immediato e diffuso dati che possono essere cruciali per diagnosi precoci e terapie personalizzate, in modo da rappresentare uno strumento di aiuto sia per i pazienti che per i medici stessi. Infatti, se osserviamo i dispositivi che sono stati elaborati finora, possiamo notare che sono più che altro incentrati nella analisi e condivisione di dati, ma richiedono sempre e comunque la partecipazione del medico e il suo intervento.
Referenze bibliografiche:
https://www.airc.it/cancro/informazioni-tumori/guida-ai-tumori/tumore-del-seno
http://ubora-biomedical.org/