Aumento del seno, protesi e sicurezza
Salute e sicurezza rappresentano sempre le due parole d’ordine per ogni intervento chirurgico, sia che l’intervento venga effettuato per finalità estetiche che terapeutiche. Per capire al meglio tutti gli aspetti legati a questa tematica abbiamo intervistato il Dott. Marco Sanna, chirurgo plastico e dirigente medico di grande esperienza.
Oggi parliamo nello specifico di protesi mammarie e sicurezza. Quanto dura la vita media di una protesi?
In passato veniva spiegato alle pazienti che le protesi avrebbero dovute essere sostituite dopo circa 10-12 anni a causa del loro deterioramento.
Le protesi per il seno hanno una data di scadenza?
In realtà non esiste una reale scadenza delle protesi una volta impiantate. Attualmente con le protesi di nuova generazione molte case produttrici garantiscono l’impianto per tutta la vita, riservando la sostituzione a casi specifici (rottura, comparsa di sieroma tardivo, contrattura capsulare, infezione). Nonostante queste considerazioni non si può escludere totalmente che le protesi all’interno dell’organismo non possano andare incontro a deterioramento in misura variabile in relazione a diversi fattori.
Quali sono questi fattori?
Qualità delle protesi impiantate, sede del posizionamento, stile di vita delle pazienti. Ad esempio, l’intensa attività fisica fa sì che le protesi possano essere sottoposte a frequenti traumi e questo può accelerare il processo di deterioramento. Per questo motivo è indispensabile che le pazienti sottoposte a mastoplastica additiva effettuino una visita di controllo specialistica annuale ed esame ecografico indipendentemente dal normale screening per patologia mammaria.
Cosa si può fare nell’eventualità di una rottura della protesi?
In caso di rottura spontanea diagnosticata da esami clinici e strumentali (ecografia e RMN), la protesi dovrà necessariamente essere sostituita. In questi casi la garanzia permette alle pazienti di sostituirle senza costi aggiuntivi per le protesi.
In ogni caso la rottura delle protesi non rappresenta una vera urgenza chirurgica, in quanto il gel di silicone coesivo rimane confinato all’interno della capsula periprotesica, ossia la cicatrice che si forma intorno alla protesi mammaria impiantata. Ciò non significa che le protesi rotte possono rimanere tranquillamente nella sede di impianto, ma devono essere rimosse ed eventualmente sostituite al fine di evitare problemi quali infiammazioni persistenti, infezioni e siliconomi.
Come si fa ad avere la garanzia che la protesi utilizzata sia a norma e che non si tratti di un prodotto scaduto, di bassa qualità o addirittura proveniente da una confezione già aperta?
Come tutti i medical device le protesi mammarie una volta confezionate vengono sottoposte ad un efficace processo di sterilizzazione, che in combinazione con un buon imballaggio ne garantiscono la sterilità per diversi anni. Ogni protesi è imballata singolarmente in un involucro trasparente termosaldato in cui saranno allegate delle etichette che indicano: il nome e l’indirizzo del produttore, il tipo di protesi e volume, metodo di sterilizzazione e scadenza ad esso relativa, numero di serie e numero di lotto.
Le protesi che hanno superato la data di scadenza non possono essere impiantate e verranno ritirate dalla casa madre che si occuperà dello smaltimento secondo precise e rigide regolamentazioni.
Per poter essere commercializzate ed impiegate devono inoltre aver ottenuto la certificazione CE che si consegue solo dopo aver superato tutti i test di qualità necessari.
Tutti questi dati indicati sul contenitore delle protesi garantiscono la qualità e l’integrità della protesi e devono essere consegnati “come garanzia”, mediante un cartellino magnetico apposito a ciascuna paziente sottoposta ad intervento di mastoplastica additiva o ricostruzione mammaria con protesi.
Una copia di tali informazioni dovranno inoltre essere conservate nella cartella clinica della paziente in maniera tale da poterle recuperare anche nei casi in cui vengano smarrite.
Che altri rischi si possono associare alla qualità delle protesi e cosa si può fare per arginarli?
Un altro problema legato all’impianto di protesi mammarie è la contrattura capsulare. Tale evenienza è tra i principali responsabili di un reintervento chirurgico in seguito a mastoplastica additiva. Non c’è una assoluta chiarezza riguardo alle cause che determinano questo evento, caratterizzato da un indurimento di grado variabile del seno a causa dell’ispessimento della cicatrice periprotesica e che può portare nei casi più gravi a deformità delle mammelle e intenso dolore.
Può avvenire dopo pochi mesi dall’intervento di mastoplastica o anche dopo alcuni anni ed è di solito monolaterale. Tra le cause responsabili di tale complicazione sono state prese in considerazione: il processo di guarigione individuale, la presenza di un batterio che causa un’infezione a bassa evidenza attorno alla protesi, ricoprendola di un sottile strato batterico (biofilm) , il fumo di sigaretta, ma anche la qualità e le caratteristiche della superficie protesica sembrano contribuire in maniera non trascurabile. Attualmente l’incidenza di tale complicazione e di circa il 2-5%.
Qual è la connessione tra protesi mammarie e tumore al seno: esiste un aumento del rischio di contrarre un cancro?
Negli ultimi anni è stata messa in evidenza la correlazione tra protesi mammarie e il Linfoma anaplastico a Grandi cellule BIA-ALCL, una rara forma di linfoma non Hodgkin che si sviluppa a carico dei linfociti T del sistema immunitario in corrispondenza dei tessuti periprotesici. Nel Marzo 2016 la World Health Organization ha riconosciuto il BIA-ALCL come nuova entità clinica.
Bisogna sottolineare che a fronte di milioni di protesi impiantate, il numero di BIA- ALCL resta estremamente basso e non offre dati statisticamente significativi che possano mettere in relazione il tipo d’impianto protesico con l’insorgenza di questa nuova patologia. La mancata significatività e l’esiguo numero di casi non può esimere da un elevato livello di guardia nell’attuazione di tutte le procedure chirurgiche volte a ridurne ulteriormente il rischio e dalla necessità di eseguire controlli periodici (semestrali) ed ecografici (annuali) delle mammelle.
I sintomi sono rappresentati dalla comparsa di un sieroma freddo e tardivo periprotesico (a distanza di mesi o addirittura anni) e la diagnosi viene confermata dall’esame citologico del sieroma aspirato sotto guida ecografica e/o l’esame istologico del tessuto periprotesico asportato.
Controlli periodici e una tempestiva diagnosi permettono una prognosi favorevole a seguito della rimozione delle protesi, della capsula periprotesica in toto e dei tessuti eventualmente infiltrati dalla neoplasia.
Cosa si può fare per ridurre o scongiurare questi rischi?
Gli accorgimenti adottati per scongiurare o ridurre il rischio della comparsa delle suddette complicazioni sono:
- l’impiego di protesi di nuova generazione a superficie liscia o nanotesturizzata
- la scelta di una sede di incisione possibilmente lontana dal complesso areola capezzolo
- l’impiego di una triplice soluzione antibiotica per il lavaggio della tasca protesica
- una rigorosa sterilità dell'ambiente operatorio
- la prescrizione di farmaci infiammatori nelle prime fasi del disturbo
Tutti gli accorgimenti adottati nel corso dell’intervento chirurgico hanno lo scopo di ridurre il rischio della formazione del biofilm.
Le pazienti devono essere adeguatamente informate durante i colloqui preliminari di tutti i rischi e possibili complicazioni relativi all’intervento anche mediante la consegna di materiale esplicativo cartaceo da leggere nella serenità del proprio domicilio al fine di poter fornire in maniera chiara e concisa tutte le delucidazioni necessarie.
Come detto, dopo l’intervento di mastoplastica additiva , è fondamentale un follow up periodico ecografico ed una visita specialistica dal chirurgo plastico di fiducia in aggiunta ai normali controlli per lo screening delle patologie mammarie.