Cos’è il bioprinting 3D e come può aiutare la chirurgia ricostruttiva?

Cos’è il bioprinting 3D e come può aiutare la chirurgia ricostruttiva?
Carmen Giubileo

Da sempre appassionata di creatività e contenuti digitali e con un master in Cinema e Comunicazione, da ben 5 anni scrivo contenuti digitali su benessere, salute ed estetica.

Creazione: 4 mag 2023 · Aggiornamento: 4 mag 2023
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Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha proposto trattamenti sempre meno invasivi e sempre più effettivi in ambito medico chirurgico, come l’innovativo bioprinting 3D. Grazie a questa tecnologia i trattamenti estetici e non solo avranno la possibilità di usare sempre più spesso materiali autoctoni e biocompatibili. In questo articolo vi racconteremo alcune delle caratteristiche della stampa in 3D biocompatibile e quali saranno le sue possibili applicazioni future.

Potrebbe sembrare fantascienza ma è già una realtà tangibile. La bioprinting 3D è già arrivata e sempre più professionisti possono contare sul suo aiuto per assistere i propri pazienti.

Cosa significa bioprinting 3D?

Si tratta di una vera e propria impressione di tessuti grazie alla stampa in 3D. Questa tecnologia ha un grande potenziale che potrebbe rivoluzionare la chirurgia estetica e ricostruttiva, consentendo di ri-creare parti del corpo che sono state danneggiate o che non sono mai state presenti. Se pensiamo a tutti quei casi di ustioni gravi, malformazioni, fratture scomposte e perdita di tessuto per mastectomia o trauma; dove spesso il chirurgo necessita una maggiore quantità di tessuto per raggiungere un risultato ottimale. Grazie a questa tecnologia sarà possibile non solo creare materiale autologo e biocompatibile che avrà minor rischio di rigetto da parte del paziente, ma anche personalizzare quantità e composizione a seconda delle necessità. Questo significa che i risultati dell'intervento di chirurgia estetica saranno sempre più precisi e soddisfacenti.

Come funziona esattamente?

Il mondo della bioprinter 3D si suddivide in due particolari usi medicali fino a questo momento.

Il primo riguarda la stampa in 3D Biomedicale, ossia la riproduzione di modelli anatomici che simulano tessuti e veri e propri organi umani. Questo tipo di impressione viene sviluppata grazie ad informazioni raccolte dal reale paziente con l’obiettivo di venire in aiuto all’equipe medica per poter studiare e provare con mano l’intervento. La stampa di un modello consente al chirurgo di effettuare una esperienza pratica e personalizzata grazie al prototipo creato sulla base di esami fotografici (tac e risonanza magnetica) effettuati al paziente.

Il secondo uso di questa tecnologia riguarda la vera e propria produzione di tessuto biocompatibile. In poche parole, basterà prelevare un frammento dalla parte sana della cute del paziente ed estrarre da quest’ultimo una cellula autologa che darà la possibilità di coltivare in laboratorio un tessuto artificiale, combinandolo con biomateriale.

Uno dei vantaggi della produzione di questo tessuto biomimetico è che, dopo aver seguito il protocollo di biofabricazione, può essere riprodotto in grande quantità e in poco tempo; ma soprattutto, essendo un tessuto autologo, avrà meno possibilità di essere rigettato dal paziente.

Infine, un altro uso della stampa 3D biocompatibile è sicuramente rappresentato dal suo contributo per la ricerca, in quanto sarà possibile utilizzare solo un piccolo frammento di tessuto per testare effetti, rischi e controindicazioni di filler e prodotti medico-estetici.

Esempio di naso e orecchie stampa 3D
Esempio di naso e orecchie ricostruite con stampante 3D

Casi in Italia e nel mondo

Questo tipo di tecnologia è ancora in fase sperimentale, ma si sono registrati già alcuni casi di successo sia in Italia che all’estero.

Grazie al brevetto del Centro di Ricerca Enrico Piaggio, dell’Università di Pisa, l’azienda SolidWorld, leader in Italia nella filiera dell’impressione 3D, crea Elettrospider una bioprinter 3D capace di riprodurre tessuto autologo. L’azienda collabora con numerose entità ospedaliere nel territorio come l’Ospedale Bambin Gesù di Roma, dove il team ha avuto modo di collaborare in importanti interventi come la separazione di due neonati.

L’azienda francese Poietis, propone una serie di stampanti chiamate Next Generation Bioprinting che generano un primo strato del derma che può essere utilizzato in caso di ustioni gravi, infortuni o malattie della cute generate dal cancro.

La bioprinter 3D è stata utilizzata anche in un caso di ricostruzione nasale eseguito presso l’istituto universitario di Tolosa e seguito dall’azienda belga Cerhum. In questo caso, la paziente registrava una gran perdita delle cavità nasali dovuta al cancro e grazie al lavoro degli specialisti Agnes Dupret-Bories e del Dott. Benjamin Vairel ha potuto recuperare gran parte di esse grazie ad una ricostruzione estetica che ha utilizzato biomateriale impresso in 3D.

Il tessuto autologo è stato prima impiantato nel braccio della paziente, per permettergli di sviluppare la crescita di vasi sanguigni, e successivamente rivascolarizzato e aggiunto alla ricostruzione del naso della paziente.

Senza dubbio la bioprinter 3D è una grande promessa sia per la chirurgia estetica ricostruttiva sia per la medicina e la ricerca scientifica in generale, perché grazie al suo utilizzo si potranno migliorare tecniche e protocolli per garantire il massimo risultato al paziente. Grazie ai loro progressi e a quelli della medicina rigenerativa il futuro della chirurgia estetica e ricostruttiva è sicuramente promettente.

Bibliografia

Il 3D Printing per la fabbricazione di tessuti biocompatibili, SolidWorld_ultimo accesso 04/05/2023

I progetti di 3D Bioprinting: organi e tessuti stampati in 3D, 3DNatives_ ultimo accesso 04/05/2023

Medicina rigenerativa e biostampa 3D: la ricerca ha bisogno di ingegneri biomedici, Ingegneriabiomedica.com_ultimo accesso 04/05/2023

3D bioprinting of gene delivery scaffolds with controlled release, Sciencedirect_ultimo accesso 04/05/2023

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